PROF. PEVERINI, TEST ANTIALCOOL E DROGA NON BASTANO PIÙ

Riferimento: Incidente stradale, pullman fuoristrada a Senigallia AN
PROF. PEVERINI, TEST ANTIALCOOL E DROGA NON BASTANO PIÙ
Per i conducenti del trasporto di persone serve il test sulla sindrome delle apnee notturne,
alla base dei colpi di sonno al volante

Roma, 17 nov. 12 – «Questa notizia, qualora si confermi l’ipotesi che a determinare l’incidente di Senigallia sia stato un colpo di sonno o una equivalente disattenzione determinata da scarsa vigilanza, pone ancora una volta la necessità che in Italia, a partire dai conducenti di mezzi adibiti al trasporto di persone, si adotti una seria normativa che consenta il rilascio delle patenti di guida o la loro revisione in soggetti affetti da disturbi del sonno, ad esempio in caso di apnee notturne».

A sostenerlo è il prof. Francesco Peverini, direttore scientifico della Fondazione per la Ricerca e la Cura dei Disturbi del Sonno, di Roma, ricordando che «non basta accertare su strada la presenza o meno di alcool o sostanze stupefacenti nel sangue del conducente, se non si verifica anche con apposite domande e test se presenta disturbi del sonno. Serve, come avviene in alcuni paesi europei (Belgio, Francia, Finlandia, Gran Bretagna, Olanda, Spagna e Svezia), introdurre norme che accertino preventivamente i disturbi del sonno e in particolare la sindrome delle apnee notturne, causa di sonno non ristoratore e colpi di sonno al volante, prima del rilascio della patente pubblica per condurre mezzi adibiti al trasporto delle persone».
L’esperto ha poi ricordato che « mettersi al volante con un debito di sonno, ossia aver dormito poco o male, è come aver bevuto quasi un litro di vino in un’ora a digiuno. Con l’aggravante che alcool e droghe si accertano con le analisi del sangue e con test specifici, mentre la sonnolenza non può essere verificata
su strada. Lo ha confermato una ricerca appena presentata in un convegno della Fondazione con la Federmanager e il FASI a Roma sul fronte della sicurezza stradale».
Il prof. Peverini ha spiegato che «la sindrome delle apnee notturne (OSAS) è una condizione che espone l’individuo che ne è affetto ad una grave sequela di complicanze, prima tra tutte la sonnolenza diurna, oltre ad importanti disfunzioni cardiopolmonari».
Insomma, «la problematica dei disturbi del sonno e la sindrome delle apnee notturne non sono più un fatto meramente personale, un’inconfessabile debolezza, una circostanza tra le più intime, ma una vera questione socio-economica che si riverbera, troppo spesso pesantemente, su altri individui, non tanto e solo di notte, ma in particolare di giorno», ha detto il prof. Peverini, «a partire dai colpi di sonno al volante che affliggono quanti, ignari di soffrire di apnee notturne, credono di aver dormito a sufficienza mentre il loro sonno è stato tutt’altro che ristoratore. E il colpo di sonno arriva all’improvviso, pesante e subdolo. Insomma, morire di sonno non è solo un semplice modo di dire, ma una drammatica realtà, nei cui confronti, nel nostro Paese, si fa ancora troppo poco». Eppure, ha aggiunto il prof. Peverini, «almeno 2 milioni di italiani soffrono di apnee notturne, ma solo il 5% di essi sa di avere questa sindrome, un
disturbo respiratorio notturno caratterizzato da ripetute ostruzioni del flusso d’aria (apnee), in grado di determinare sonnolenza diurna, disfunzioni cardio-polmonari e innescare molte altre pericolose affezioni».

Nota informativa
Nel 2010 i morti sulle strade italiane sono stati 4.237 con 307.248 feriti e più della metà dei decessi è avvenuta fuori dai centri urbani [Fonte ACI e Centro Naz. di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute dell’Istituto Superiore di Sanità]. La Fondazione per la Ricerca e la Cura dei Disturbi del Sonno ha stimato che almeno il 22% di tutti gli incidenti è in qualche modo correlato alla sonnolenza e di questi il 12% è stato mortale. Almeno un incidente stradale su cinque è stato causato da un colpo di sonno.
L’indice di mortalità è superiore alla media giornaliera dalle ore 20 alle ore 7 del mattino, raggiungendo il valore massimo intorno alle 4 di notte (5,7 decessi ogni 100 incidenti).
Sono scarsamente efficaci, se non proprio inutili, le contromisure empiriche che gli automobilisti adottano per scongiurare i colpi di sonno al volante. Uno studio della stessa Fondazione ha riscontrato che fermarsi e concedersi un breve sonno in auto è l’unico antidoto per combattere la sonnolenza alla guida. Ma ne fanno uso solo il 4% degli intervistati. Gli altri conducenti danno spazio inutilmente alla fantasia, mettendo anche assieme più espedienti: il 54% si ferma e si accontenta dei classici due passi; il 52% alza il volume della radio; il 47% apre il finestrino e il 45% prende un caffè. A nulla serve muoversi mentre si è al volante (27%), mangiare caramelle (32%), bere limonata o altre bevande (26%), sino ad arrivare ai chi (5%) paradossalmente ritiene sia utile guidare più velocemente per imporsi maggiore attenzione contro la sonnolenza.

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